Il Cor Unum, nato dalla collaborazione tra la Fondazione Isacchi Samaja, Casa Jannacci e l’orchestra giovanile Pepita, è un coro composto dagli ospiti di Casa Jannacci e dagli altri abitanti del territorio che nella musica trovano un motivo di incontro e condivisione.
La qualità artistica del coro si deve anche agli sforzi dell’insegnante, la signora Ryoko Yagi, cantante lirica che nel suo ruolo di insegnante coordina un affiatato gruppo di coristi alle prime armi, ma carichi di energia che si riuniscono per divertirsi e prepararsi insieme
Negozi ormai in chiusura, vetrine tutte uguali stracolme di vestiti, sul marciapiede: una valigia, un ombrello, dei cartoni e cumuli di stracci. Passando accanto ci si accorge che dallo scatolone fuoriescono dei piedi, che su quel cuscino d’asfalto una persona sta dormendo; non è un trasloco, è una casa. Gli incontri con persone che vivono per strada sono all’ordine del giorno. Sono presenze che entrano a far parte del tessuto urbano, proprio come il parchimetro schivato nella folle corsa giornaliera per non perdere il tram. Ogni giorno allo stesso incrocio si alza il finestrino per non dover dire l’ennesimo “no, non ho niente”, ci si lamenta con i vicini perché la loro presenza deturpa il quartiere. Queste presenze, proprio come le opere dei writers, infastidiscono, danno un’immagine di città sporca, disagiata, da evitare. Presenze Scomode mette in mostra questo mondo di cartone, di graffiti sui muri, di storie di vita, di gente che abita per strada ritagliandosi pezzetti di marciapiede, di parco o di stazione su cui poter dormire. L’errante, clochard, homeless, barbone, viene chiamato in tanti modi e visto con sguardi differenti: paura, vergogna, tenerezza, disappunto e sempre più spesso con indifferenza. Proprio come un graffito sul muro passa inosservato, cela nelle sue rughe chissà quale storia, sottoposto alle intemperie e alle prepotenze di una città che si fagocita, pian piano si logora fino a svanire e pochi, forse nessuno, se ne accorgono. Carlo Rotondo nelle sue fotografie ci offre uno spaccato di questa esistenza e l’opportunità di soffermarci a guardare. Ritrae alcune scene di strada di chi non trova posto nei dormitori o chi è talmente abituato a stare in strada che evita di entrarvi. Vengono colti quasi sempre dormienti, stanchi di una stanchezza senza fine e senza orari. Sono immagini in bianco e nero, selezionati da un reportage, esposto in più occasioni a Milano e nato all’interno di un workshop fotografico promosso da Macao nel 2012, che aveva come tema più ampio quello della crisi. Questi scatti di una realtà nuda e cruda, tipicamente di reportage, dialogano con fotografie a colori che sono la testimonianza di ben altre presenze. Si tratta delle opere del fotografo fiorentino Sandro Rafanelli, che nel “Grido Silenzioso” ridona vita ad alcuni graffiti, esaltandone i colori e la poetica. Sono piccole opere d’arte ritrovate, tra i quartieri popolari di Roma, le stradine nascoste di Firenze e Barcellona. I due fotografi ricreano insieme l’immagine di una città invisibile, segreta, scomoda, che richiama un diritto fondamentale: quello di una casa. È proprio partendo da questa esigenza primordiale che si sviluppa il progetto di allestimento e di ricerca di Parasite 2.0, un’organizzazione fondata a Milano nel 2010 da un gruppo di architetti. Gli elementi base sono una serie di giunti, realizzati utilizzando una stampante 3D che servirà per l’assemblaggio di semplici strutture mescolandole a piccoli profili di legno. L’elemento, dalla forma iconica che richiama un’abitazione, viene utilizzato come allestimento e contenitore della mostra, nelle diverse scale necessarie, andando ad occupare sia gli spazi interni che esterni della sede della Fondazione Isacchi Samaja. La seconda parte dell’esposizione è dedicata ai principali beneficiari dell’operato della Fondazione e alle loro storie, raccontate attraverso uno dei mezzi più diretti e fantasiosi: il fumetto. In questa occasione Cargo, un collettivo di autori di fumetto esordienti, è stato chiamato all’azione e ha partecipato alla distribuzione del cibo con l’unità mobile e i volontari della Fondazione, durante alcuni giri appositamente organizzati. L’esperienza diretta e la testimonianza orale degli addetti ai lavori ha permesso agli ex-studenti della Scuola d’arte del Castello di Milano di entrare in contatto con il mondo notturno dei senza fissa dimora e di trarne una storia. Storia dai risvolti inaspettati che verrà svelata la sera dell’inaugurazione attraverso un live painting collettivo e un palcoscenico di ritratti di clochard di Milano sempre del fotografo napoletano Carlo Rotondo, selezionati per l’occasione.